giovedì 27 luglio 2017

Ricordi a due scafi (parte seconda) a cura di Guidobruno Guidi di Bagno

Le prime regate: tecnica e trucchi.


Agosto era finito ed il Campionato Italiano era alle porte. Nei due anni precedenti, Riccardo ed io, avevamo regatato molto, lungo la costa maremmana, sia col suo FJ che con il mio SMILE quando il bando di regata prevedeva una classe Open.
Per cui fu la nostra prima serie di regate in acqua dolce. Strano effetto ci fecero i primi schizzi d'acqua in faccia ! Avevamo vinto varie regate ed eravamo oramai molto affiatati. Incominciavamo a creare una specie di organizzazione fra di noi con suddivisione dei compiti e stabilendo delle regole che non avremmo più abbandonato.

Il Mattia era una barca molto semplice in quanto a regolazioni: uno strallo, due sartie, due vele con due drizze, due scotte, un carrello randa, due timoni, vang e cunningham. Però come dico io ancor oggi, la vela è uno degli sport più completi in quanto hai da gestire un mezzo tecnico (la barca), un equipaggio e gli elementi naturali (mare e vento). Ragion per cui la regata consta di tanti di quei fattori che si intersecano che li devi ordinare per poterli capire e gestire al meglio.
Ma poi era tanto semplice il Mattia? Sartie cazzate a ferro o lasche? E se lasche quanto? Albero appruato, diritto o appoppato? E cosi via.

Per prima cosa nacque " il quaderno". Nel quaderno annotavamo tutto, ma proprio tutto.Barca: Tutte le misurazioni e le risultanze delle prove dei mesi precedenti.
Come regolare la barca con vento o senza, con onda o senza ecc. ecc. anche le impressioni personali che poi sarebbero state verificate in situazioni future. Inoltre cose particolari che vedevamo su altri Mattia che altri regatanti come noi sperimentavano in continuazione.
Campo di regata: arrivavamo sempre almeno un giorno prima anche di più  per  regate importanti per cercare un'altura sopra il campo di regata per vedere come si stendeva il vento, dove c'erano le sacche di bonaccia e segni di correnti. Disegnavamo delle cartine molto dettagliate che divennero oggetto di derisione e grandi risate da parte dei nostri amici, ma che vi assicuro ci permisero ben più di una vittoria. Inoltre ritornando sul luogo di regata dopo un anno avevamo già la situazione sotto controllo. Non avete idea di cosa si scopre dall'alto. Questo era facile specie sui laghi, più impegnativo in località marine, assolutamente impossibile a Cesenatico dove regatavamo alle Vele di Pasqua che raccoglieva centinaia di catamarani da tutta Europa, a causa della totale mancanza di alture nelle vicinanze! In compenso a Cesenatico non c'era quasi mai vento per cui tagliare il traguardo era comunque una botta di c..lo.

Come vi ho detto nella puntata scorsa dovevamo inventarci tecniche nuove di gestione del cat. Innanzitutto lo mettemmo a terra su due cavalletti in modo da poter abbassare i timoni e verificare se le pale fossero perfettamente parallele dalla testa alla punta. Vi immaginate che freno due pale non allineate? E non sapete che sorprese trovammo, per cui via a modificare la barra di congiunzione dei timoni. Albero leggermente appoppato con sartie appena lasche in modo che si appruasse nelle andature larghe. Tutto ciò però dipendeva molto dal taglio che avevano le tue vele. La randa non era tutta steccata come oggigiorno per cui vi era la contraddizione che veleggiavamo a 12/13 nodi, con molto più vento apparente, con una randa normale tipo 470. Andava perciò smagrita col cunningham e cazzata molto di più di quanto eravamo abituati.
Fummo noi a scoprire che di bolina con poco vento l'equipaggio doveva stare più a prua possibile, il prodiere addirittura sottovento a prua della traversa in modo da sollevare le poppe e trascinare meno acqua. Inoltre cominciammo ad alzare il timone sopravvento tenendolo fuori dall'acqua. Cose che vidi fare, con mia grande soddisfazione, ad un campionato mondiale di Hobie 16, anni dopo.
Mano a mano che il vento aumentava ti appoppavi fino a che il prodiere stava al trapezio a cavallo del timoniere. Introducemmo l'uso delle cinghie reggi piedi per il prodiere al trapezio affinché non volasse a prua per una ingavonata.
Se ti ingavonavi dovevi lascare il fiocco per togliere pressione alla prua sottovento.

Tanto da studiare, da provare in un mondo meraviglioso e sconosciuto. Ci sentivamo dei veri pionieri.
Però che sensazioni! Che velocità! Che rapidità di reazioni aveva il cat.
Non c'è nulla come una veleggiata su di un catamarano, vero ragazzi?
Fine seconda parte

Terza parte: Il Tornado - estasi e tormento

1 commento:

  1. Grazie Guido...un'altro articolo affascinante. Ottima idea quella del "Quaderno", se fossimo tutti così diligenti probabilmente saremmo tutti molto più preparati e lasceremmo meno all'improvvisazione, io per primo.
    Leggendo il tuo secondo articolo ho rivisto e vissuto gli stessi dubbi e interrogativi delle mie prime esperienze, ma fa piacere scoprire che anche velisti più affermati abbiano provato le stesse sensazioni come nel caso di tanti nostri equipaggi.
    Mi auguro che la lettura dei tuoi articoli sempre molto interessanti siano degli ottimi spunti di riflessione per chiunque voglia approfondire e migliorare la tecnica di conduzione del proprio cat.

    Alla prossima puntata !
    Buon Vento.

    ITA 495.
    Enrico.

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